A Città del Messico il 3 ottobre 1968 la piazza di Tlatelolco è ricoperta da centinaia di morti: sono quasi tutti studenti. A ordinare una feroce sparatoria è stato il presidente Gustavo Diaz Ortaz. L’esercito ha sparato dagli elicotteri e dai tetti del ministero degli Esteri.
Il 1968 messicano ha inizio il 22 luglio quando i ”granaderos”, carabinieri messicani, intervengono a reprimere una rivolta scoppiata all’interno di due licei con cruda brutalità. Questa repressione viola il principio dell’autonomia delle università e delle scuole messicane, da sempre considerate luoghi dove polizia e esercito non potevano intervenire. Il 30 luglio per reprimere la protesta scoppiata all’Università di Città del Messico, la polizia si arma di bazooka.
La risposta è la nascita di comitati di lotta in tutte le scuole e poi di un Comitato nazionale che raccoglie studenti e professori, le cui richieste sono varie e molteplici: liberazione di tutti i detenuti politici; scioglimento dei “granaderos”, dimissioni del capo della polizia, risarcimento alle famiglie delle vittime della repressione, punizione per i responsabili delle azioni repressive, abrogazione degli articoli del codice penale che limitano il diritto di manifestare.
Il 1° settembre il presidente Diaz Ordaz chiude ogni possibilità di trattativa e accusa gli studenti di voler sabotare i giochi olimpici che si sarebbero inaugurati il 12 ottobre.
Il 18 settembre l’esercito occupa l’Università: il rettore Javier Barrios Siena si dimette per protesta.
Nella notte tra il 2 e il 3 ottobre gli studenti si danno appuntamento in piazza delle Tre culture (detta anche Piazza Tlatelolco). Polizia e esercito sparano all’impazzata, dopo avere bloccato le uscite della piazza: il bilancio in termini di morti è altissimo, anche se non se ne avrà mai un resoconto definitivo.
Molti sostengono che fu una strage pianificata a tavolino (l’operazione militare era infatti già partita alle 18 del 2 ottobre); passata alla storia come la più sanguinosa e crudele repressione del movimento studentesco.
Dopo aver bloccato le uscite della piazza polizia ed esercito spararono all’impazzata: le cifre ufficiali parlano di 15.000 proiettili (8.000 militari di vari corpi impegnati nell’azione, 300 mezzi fra carri armati, blindati vari e jeep armate di mitragliatrici) che provocarono, non meno di 700 feriti ed un numero di morti che oscilla tra i 150 e i 300. Furono arrestati e detenuti 5000 studenti, alcuni dei quali sottoposti a torture e a finte fucilazioni, alcuni dei quali, 300, rimasero in carcere fino all’amnistia del 1971.
Il regime messicano, allora preoccupato di mostrare al mondo la propria faccia democratica e moderna attraverso le imminenti Olimpiadi, da subito insabbiò la strage di Piazza Tlatelolco; una strage provocata ad arte, che segnò in generale la società messicana e che dette un duro colpo al movimento studentesco, centrato soprattutto sull’attivismo degli studenti della UNAM (Universidad Nacional Autonoma de Mexico) e del Politecnico che rivendicavano un’apertura democratica nei confronti dell’autoritarismo del regime fondato sul Partido Revolucionario Insitucional (PRI)
Il massacro di Tlatelolco avvenne il 2 ottobre 1968 nella Piazza delle tre culture a Tlatelolco, Città del Messico. Non si è mai riusciti ad avere un numero preciso dei morti: alcune stime dicono più di 300 persone, ma quasi tutte le fonti governative riportano stime non oltre i 40 o 50 morti, al momento della strage il governo parlò di 34 morti in gran parte militari. Il massacro avvenne dieci giorni prima dell’inizio dei Giochi della XIX Olimpiade che si sono svolti a Città del Messico
Il massacro fu preceduto da mesi di inquietudini politiche nella capitale messicana, con manifestazioni e proteste studentesche per appoggiare gli eventi che succedevano nel mondo nel 1968.
Il 27 agosto più di 200.000 studenti scesero in piazza e si accamparono nel Zócalo e il giorno dopo furono dispersi dall’esercito messicano.
Gli studenti volevano approfittare dell’attenzione che c’era sulla città per via dei Giochi olimpici del 1968. Il presidente di allora Gustavo Diaz Ordaz, settimane prima del massacro ordinò all’esercito di occupare il Campus dell’UNAM. L’esercito indiscriminatamente picchiò molti studenti e per protesta il rettore Javier Barros Sierra si dimise il 23 settembre.
Le proteste degli studenti non diminuirono. Le manifestazioni crebbero a tal punto che il 2 ottobre dopo 9 settimane di sciopero studentesco, 15.000 studenti di varie università marciarono per le vie della città, protestando contro l’occupazione del campus. Al calare della notte 5.000 studenti e lavoratori, molti dei quali con la famiglia si raccolsero nella Plaza de las tres Culturas di Tlatelolco.
Alla fine della giornata le forze militari e politiche con carri blindati e veicoli da combattimento circondarono la piazza e aprirono il fuoco, puntando sulle persone che protestavano o che semplicemente passavano di lì. In breve tempo una massa di corpi copriva tutta la superficie della piazza. Fra i feriti, anche la scrittrice fiorentina Oriana Fallaci, che si trovava in un grattacielo sovrastante la piazza per controllare al meglio le azioni fra manifestanti e forze dell’ordine. Ferita da un elicottero in volo, fu creduta morta e portata in obitorio, dove un prete si rese conto che era ancora viva. La giornalista riportò tre ferite d’arma da fuoco.
Il massacro continuò tutta la notte, i soldati si accamparono negli appartamenti vicini alla piazza. Testimoni riferirono che i corpi furono spostati con camion dell’immondizia. La spiegazione ufficiale fu che facinorosi armati iniziarono a sparare verso le forze dell’ordine che per difesa personale iniziarono a sparare. I media di tutto il mondo diffusero le immagini e pubblicarono la notizia che si era registrato lo scontro più violento tra studenti e forze dell’ordine.
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